Oppenheimer: una bomba atomica di film

Nell’odierno contesto, il nome di Robert Oppenheimer è ampiamente associato alla sua direzione del Progetto Manhattan e alla realizzazione della bomba atomica. È fondamentale riconoscere la vasta portata delle sue contribuzioni scientifiche, che si estendono ben oltre il suo coinvolgimento nella fisica nucleare e nelle armi atomiche. Oppenheimer, uno scienziato eclettico e brillante, è stato candidato al Premio Nobel ben tre volte, sebbene non abbia mai conquistato il riconoscimento. Questa panoramica tende a concentrarsi sull’aspetto meno noto della sua carriera, ovvero il suo significativo contributo alla astrofisica teorica, in particolare nei suoi lavori sull’intricato tema dei buchi neri.

Oppenheimer

Un punto di partenza cruciale risiede nella teoria della relatività generale sviluppata da Albert Einstein nel 1915. Durante la Prima Guerra Mondiale, Karl Schwarzschild, un fisico tedesco di spicco, fu coinvolto nell’analisi delle traiettorie balistiche sul fronte russo, mentre dedicava il suo tempo agli approfonditi calcoli scientifici. Sotto queste circostanze, Schwarzschild scoprì una soluzione esatta alle equazioni di Einstein, delineando il comportamento dello spazio-tempo nelle vicinanze di una massa sferica.

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Il frutto del suo lavoro, noto come “raggio di Schwarzschild,” è calcolato mediante la moltiplicazione della massa per il doppio della costante di gravitazione universale, diviso per il quadrato della velocità della luce. Questo parametro caratterizza una regione sferica al cui esterno il tempo pare arrestarsi dal punto di vista di un osservatore distante. Una volta oltrepassato questo raggio, persino la luce non riesce a sfuggire a quest’attrazione gravitazionale.

Oppenheimer
Una scena del film Oppenheimer

Tale confine rappresenta ciò che oggi definiamo come l’orizzonte degli eventi di un buco nero. La notevole peculiarità dei buchi neri si riflette nel fatto che il loro raggio è straordinariamente esiguo rispetto alla massa associata. Ad esempio, un buco nero con la massa del Sole avrebbe un raggio di appena 3 km. Questo tratto definisce la dimensione compatta di un buco nero e la profonda alterazione dell’ordine spaziale e temporale che lo accompagna.

In questa fase, la prospettiva di una compressione della materia in tali proporzioni sfidava il pensiero accettato. La densità richiesta da un simile processo era al di là di ogni immaginazione, portando a un convincimento generale che le forze naturali avrebbero evitato una tale situazione estrema. Arthur Eddington, convinto di questa limitazione, impiegò il raggio di Schwarzschild per calcolare la densità massima di una stella.

Nello stesso periodo, l’indagine sul funzionamento stellare e sulla produzione di energia progrediva, rivelando l’equilibrio tra il collasso gravitazionale e la reazione nucleare nel nucleo stellare.

Il collasso gravitazionale

Nel 1931, il giovane fisico indiano Subrahmanyan Chandrasekhar avanzò la teoria che un collasso gravitazionale potesse arrestarsi qualora la massa stellare non superasse una soglia critica. Una stella, al termine delle sue reazioni nucleari, potrebbe raggiungere una nuova stabilità come “nana bianca,” sostenuta non più dalle reazioni nucleari, ma dalla pressione di degenerazione quantistica degli elettroni.

Le sfide continuarono a emergere. Nel 1932, la scoperta del neutrone da parte di James Chadwick e le congetture di Lev Landau sulle stelle fatte interamente di neutroni suggerirono nuove possibilità. Successivamente, nel 1939, Oppenheimer e il suo studente George Volkoff stabilirono un limite di massa oltre il quale una stella di neutroni non sarebbe più stata stabile, continuando a contrarsi senza impedimenti.

Einstein stesso si era erroneamente opposto all’idea del collasso inarrestabile, pensando che la velocità orbitale delle particelle interne avrebbe superato quella della luce. Oppenheimer dimostrò che il collasso sarebbe continuato con la comparsa di un “congelamento” apparente, in realtà dovuto agli effetti relativistici vicino all’orizzonte degli eventi.

Oppenheimer e la comprensione dei buchi neri

In definitiva, la ricerca di Oppenheimer e Snyder aprì la strada alla comprensione concettuale e fisica dei buchi neri, non limitandosi alla loro esistenza come semplici soluzioni matematiche, ma identificando un processo fisico reale per la loro formazione attraverso il collasso stellare massiccio. Questo risultato, proposto agli albori del loro studio, rimase in gran parte inosservato, ma ha avuto una risonanza crescente nel corso dei decenni successivi.

In conclusione, sebbene la carriera di Oppenheimer sia principalmente associata alla bomba atomica, il suo straordinario contributo all’astronomia e all’astrofisica, in particolare per quanto riguarda i buchi neri, è una testimonianza della sua profonda influenza scientifica.

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